Oggi, 25 novembre, ricorre la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, istituita dalle Nazioni Unite nel 1999. Questa data inaugura ogni anno sedici giorni di attivismo che terminano simbolicamente il 10 dicembre, Giornata mondiale dei diritti umani, per sottolineare come i diritti delle donne debbano essere rispettati e garantiti in quanto diritti fondamentali.
Per quanto avanzata socialmente ed economicamente, l’Unione Europea non è affatto immune alla violenza di genere. Secondo un sondaggio della EU Fundamental Rights Agency (FRA), a partire dall’età di 15 anni, più di una donna su due ha subito molestie sessuali (55%), una su tre ha subito violenza fisica e/o sessuale (33%, il 22% da parte del partner), una su cinque è stata vittima di stalking (18%) e una su venti di stupro (5%). Il 43% delle donne ha subito violenza psicologica. Il 16% delle donne con partner violenti hanno subito abusi anche dopo la fine della relazione e alcune anche durante la gravidanza (42% dall’ex partner, 20% dall’attuale partner).
Nel 2018, sono avvenuti più di 600 femminicidi nell’UE e circa 50 donne muoiono ogni settimana come conseguenza della violenza domestica. Il 28% delle donne ha subito molestie nell’anno precedente al sondaggio e, considerando i cinque anni precedenti il computo, il dato sale al 39%; mentre per le donne disabili, tali percentuali salgono rispettivamente al 36% e al 48%. Inoltre, il 95% delle vittime di tratta a fini di sfruttamento sessuale nell’UE sono donne. Il 75% ha subito molestie sessuali sul luogo di lavoro, che si sono poi spostate in rete in tempi di lockdown. Gli episodi di violenza, online e offline, sono aumentati in numero e in gravità dall’inizio della pandemia.
L’incidenza delle FGM è in calo in quasi tutta l’UE, anche grazie alle politiche di prevenzione, contrasto e integrazione. Nonostante la pratica sia illegale nell’UE, più di 180.000 ragazze sono tutt’oggi a rischio.
Se si volesse quantificare il fenomeno, secondo dati EIGE, la violenza di genere nell’UE costerebbe più di € 366 miliardi all’anno, il 79% dei quali spesi per la violenza contro le donne (€ 290 miliardi nell’UE, € 24,5 miliardi solo in Italia, secondo l’associazione Intervita).


Allo stato attuale, lo strumento più importante è la Convenzione di Istanbul, che prevede norme giuridiche vincolanti per la prevenzione della violenza sulle donne, la protezione delle vittime e la persecuzione dei perpetratori. Nonostante l’UE abbia firmato la Convenzione nel 2017, manca ancora la ratifica da parte di sei Paesi Membri (Bulgaria, Ungheria, Repubblica Ceca, Lituania, Lettonia e Slovacchia).
Nonostante la maggior parte dei Paesi Membri disponga di leggi per il contrasto della violenza di genere, non vi sono definizioni o regole condivise che consentano un’azione europea comune ed efficace. Nel settembre 2021, alcuni eurodeputati hanno chiesto di porre le basi giuridiche per rendere la violenza di genere un reato comunitario, in modo tale da stabilire sanzioni penali minime comuni.
Data la scarsa preparazione all’impennata dei casi di abusi nel corso dei lockdown, a febbraio 2021 è stata proposta una direttiva europea di prevenzione e contrasto, oltre a un protocollo specifico per i “tempi di crisi”. Il protocollo, con particolare enfasi sulla violenza domestica, dovrebbe riconoscere le linee telefoniche dedicate, le case rifugio per donne e bambini e l’assistenza sanitaria quali servizi essenziali su tutto il territorio UE. Si attende inoltre a breve la presentazione di proposte per combattere la violenza online, previste proprio per novembre 2021.
Nel 2011 è stato inoltre introdotto uno strumento per tutelare le vittime di violenza: si tratta dell’EPO, l’Ordine di Protezione Europeo, che mira a rendere l’UE uno spazio comune di protezione giudiziaria. Tuttavia, finora l’EPO è stato applicato solo in una manciata di casi e la sua esistenza non è stata adeguatamente pubblicizzata, minandone fortemente l’efficacia. Progeu è impegnata in prima linea proprio per estendere la conoscenza di questo strumento attraverso il progetto ARTEMIS, dando il proprio contributo al contrasto alla violenza di genere.