La povertà energetica, condizione che riguarda un cittadino europeo su quattro (dati 2018) e più di un italiano su sei (dati 2016), è ormai riconosciuta dalla Commissione europea come una priorità dell’UE e vede accrescere il proprio rilievo tra i Governi dei Paesi membri. Tuttavia, meno di un terzo di questi ha riconosciuto ufficialmente la povertà energetica e solamente pochi di essi, tra cui Francia, Irlanda, Regno Unito e Slovacchia, hanno inserito una sua definizione nelle proprie legislazioni così da poter implementare concrete misure volte all’eradicazione della stessa[1]. Altri Stati membri, come ad esempio Italia, Paesi Bassi e Spagna, pur essendo privi di una definizione formale, affrontano la povertà energetica a livello regionale e nazionale includendola nei programmi di welfare[2].
Per far fronte a tale condizione socio-economica, che potremmo definire come la mancanza di accesso a forme adeguate e sicure di energia a prezzi sostenibili che permettano agli individui di soddisfare i propri bisogni primari, la Commissione europea ha stabilito, all’interno della Strategia a lungo termine per il 2050, il Pacchetto per il clima e l’energia 2020 ed il Quadro per le politiche dell’energia e del clima 2030, ha promosso e finanziato diversi progetti ed instituito, nel 2018, l’Osservatorio europeo sulla povertà energetica, volto ad assistere gli Stati membri nel raggiungimento degli obiettivi comunitari.
Il Pacchetto per il clima e l’energia 2020, definito nel 2007, si fonda su tre principali obiettivi:
- Taglio del 20% delle emissioni di gas a effetto serra rispetto ai livelli del 1990, per il quale si ricorre al Sistema di scambio di quote di emissione (ETS)[3], strumento in attuazione del Protocollo di Kyoto per la riduzione delle emissioni di gas climalteranti nei settori energivori che dovranno ridurre le proprie emissioni del 21%;
- Ottenimento del 20% del fabbisogno energetico ricavato da fonti rinnovabili;
- Miglioramento del 20% dell’efficienza energetica.
Successivamente, nell’ottobre 2014, è stato adottato il Quadro europeo per clima ed energia 2030 che, seguendo le linee del Pacchetto del 2020, persegue tre obiettivi:
- Taglio del 40% delle emissioni di gas a effetto serra rispetto ai livelli del 1990, per il quale si ricorre nuovamente Sistema di scambio di quote di emissione che prevede una riduzione del 43% delle emissioni, rispetto al 2005, per i settori energivori;
- Ottenimento del 27% del fabbisogno energetico ricavato da fonti rinnovabili;
- Miglioramento del 27% dell’efficienza energetica.
Per quanto riguarda gli obiettivi di efficienza energetica, essi hanno fatto riferimento inizialmente al Piano per l’efficienza energetica e poi alla Direttiva sull’efficienza energetica. Quest’ultima impone un miglioramento dell’efficienza energetica pari al 20% entro il 2020, per il quale ad ogni Stato membro è lasciata la libertà di intervento sui consumi energetici primari o finali, e, a seguito dell’aggiornamento del 14 giugno 2018, impone il raggiungimento del 32,5% entro il 2030. Un successivo aggiornamento della stessa, avvenuto nel dicembre 2018, promuove una riduzione dei consumi di energia pubblici e privati, una minore dipendenza dall’importazione di energia, maggiori incentivi a favore delle tecnologie innovative, maggiori investimenti che portino alla creazione di posti di lavoro ed una migliore e più chiara informazione circa le bollette energetiche[4]. In particolare, gli investimenti attuali sembrano insufficienti ai fini dell’implementazione della Strategia europea per i cambiamenti climatici e l’energia al 2030, per la quale occorrono ulteriori 177 miliardi di euro l’anno, per i tre quarti destinati al miglioramento dell’efficienza energetica domestica nei Paesi membri dell’Europa centro-orientale. Gli investimenti privati, destinati a specifici progetti o processi produttivi, oscillano tra 50.000 € e 1.000.000 €, risultando altamente inadeguati al raggiungimento di risultati sostanziali. Ciò è imputabile principalmente all’assenza di una strategia integrata nazionale ed europea volta all’eradicazione della povertà energetica, da cui la percezione dell’efficienza energetica come un settore ad alto rischio per gli investitori [5].
Ricordando che la povertà energetica ostacola il diritto dei cittadini europei all’accesso all’energia ed ai trasporti richiesti dal Principio 20 del Pilastro europeo dei diritti sociali, le dichiarazioni di Theresa Griffin, membro del Parlamento europeo e vicepresidente del Forum Europeo sulle Risorse Energetiche Rinnovabili, sottolineano proprio la necessità di un intervento strutturale ed istituzionale volto al superamento della povertà energetica, intesa come parte del problema della giustizia energetica, che si sommi agli sforzi nel contrasto dei cambiamenti climatici, al miglioramento dell’efficienza energetica ed alla transizione verso una low-carbon economy. I consumatori devono quindi essere al centro della legislazione energetica ed essere inseriti nei meccanismi di mercato assicurando l’assenza di ripercussioni sulle categorie più vulnerabili.
In vista dunque di un impegno comunitario europeo, l’Open EXP ha realizzato il report: “European Energy Poverty Index (EEPI)”, dedicato alla valutazione dei progressi dei Paesi membri nella riduzione della povertà energetica in tutte le sue forme. Tale indice è calcolato sulla base del primo quintile della popolazione degli Stati membri e si articola in European Domestic Energy Poverty Index (EDEPI), che valuta cause e sintomi della povertà energetica domestica[6], e European Transport Energy Poverty Index (ETEPI), che valuta invece la povertà energetica nei trasporti[7].
L’EEPI mostra una situazione europea molto variegata, mettendo in risalto il profondo divario tra i Paesi nord-occidentali, che occupano i primi posti della classifica, e quelli dell’Europa sud-orientale, che condividono i livelli più alti di povertà energetica. Svezia, Lussemburgo, Austria, Danimarca e Paesi Bassi occupano la vetta della classifica dell’EEPI, mentre agli ultimi posti si trovano Italia, Estonia, Slovacchia, Finlandia, Malta, Bulgaria ed Ungheria. Lo scorso anno si è assistito all’implementazione di diverse misure volte alla riduzione della povertà energetica che hanno permesso, ad esempio, una riduzione dell’EDEPI nei Paesi dell’Europa Nord Occidentale, ottenuta mediante stringenti politiche in materia edilizia ed il supporto finanziario al primo quintile della popolazione per compensare gli elevati costi dell’energia, ed un calo dell’ETEPI nei Paesi dell’Europa Meridionale ed Orientale, dovuto soprattutto allo scarso utilizzo delle automobili.
Inoltre, i dati dell’Open Exp mostrano che dagli anni ’90 ad oggi la povertà energetica domestica segue un andamento crescente in tutta Europa e che un impegno politico europeo volto a migliorare dell’1% gli attuali livelli di efficienza energetica domestica permetterebbe la ristrutturazione di 3 milioni di case determinando l’uscita di 7 milioni di persone dalla soglia della povertà energetica.
Ricercando le cause della povertà energetica troviamo la povertà ed il basso reddito famigliare, l’aumento del prezzo dell’energia e la scarsa efficienza energetica.
Per quanto concerne la povertà, malgrado gli andamenti crescenti degli occupati (25-64 anni) negli ultimi anni, il raggiungimento dell’obiettivo dell’eradicazione della stessa appare ancora distante. Infatti, nel 2016 più di un cittadino europeo su quattro risultava a rischio povertà ed i valori più preoccupanti si registravano in Romania (25,3 %), Bulgaria (22,9 %), Spagna (22,3 %), Lituania (21,9 %), Lettonia (21,8 %), Estonia (21,7 %), Grecia (21,2 %) e Italia (20,6 %). Per far fronte alla preoccupante situazione sociale, la classe dirigente europea ha promosso ed implementato una serie di misure volte alla protezione sociale che hanno permesso di ridurre i livelli di povertà ed esclusione sociale. Nel 2016 i trasferimenti sociali europei hanno permesso una riduzione, dal 25,9% al 17,3%, dei cittadini a rischio senza però riuscire ad assicurare la medesima efficacia nei diversi contesti. I peggiori risultati sono stati ottenuti in Grecia, Romania, Bulgaria, Polonia, Italia, Slovacchia, Portogallo, Lituania e Lettonia, in cui si è portato il 6% della popolazione al di sopra della soglia di povertà. Dati più recenti, pubblicati da Eurostat in occasione della Giornata internazionale per l’eradicazione della povertà (17 ottobre 2018), stabiliscono che il 22,4% della popolazione EU-28 risulta a rischio povertà ed esclusione sociale e che i gruppi più sensibili a tale condizione sono le donne, i minori, le famiglie con almeno un figlio ed i disoccupati.
Ulteriore aspetto che determina la diffusione di disuguaglianze è la sperequazione del reddito. Nel 2016, considerando la media dei dati nazionali di ciascuno Stato membro dell’UE, ponderata in base alla popolazione, i redditi percepiti dal quinto quintile della popolazione risultano superiori di 5,2 volte a quelli percepiti dal primo quintile. Tale rapporto varia considerevolmente tra i Paesi membri dell’UE, da valori pari a 3,5 in Repubblica Ceca e 3,6 in Slovenia, Slovacchia e Finlandia fino a valori superiori a 6,0 in Lettonia, Italia, Spagna e Grecia e superiori a 7,0 in Lituania e Romania, con un massimo di 7,9 in Bulgaria.
Come si è detto, nella determinazione della povertà energetica affianco alla povertà si colloca il rincaro dei prezzi dell’energia elettrica, che ha registrato un incremento del 31,4% nel periodo 2007-16, e del gas, da cui derivano allarmanti conseguenze per i gruppi più vulnerabili. Così come per gli altri fattori, anche il rincaro dei prezzi coinvolge i Paesi europei in misura diversa: l’energia elettrica risulta più cara in Danimarca, Germania, Italia ed Irlanda mentre il gas raggiunge i suoi picchi in Svezia, Portogallo, Italia e Spagna.
Infine, per quanto riguarda l’efficienza energetica si stima che un utilizzo ottimale delle tecnologie correnti insieme ad un vero cambiamento culturale potrebbero consentire un risparmio energetico fino al 20% della spesa dei consumatori. Si necessita quindi, parallelamente alle opportunità offerte dall’innovazione tecnologica, la promozione di un comportamento individuale e sociale attento e virtuoso che favorisca il raggiungimento degli obiettivi inerenti l’efficienza energetica.
Questa la situazione diffusa non solamente in Europa per la quale occorrono urgenti, concrete ed integrate soluzioni nell’ottica del leaving no one behind.
[1] https://ec.europa.eu/energy/en/content/introduction-5
[2] https://www.assist2gether.eu/news-48-le_diverse_definizioni_di_poverta_energetica_in_europa
[3] https://ec.europa.eu/clima/policies/ets_en
[4] https://ec.europa.eu/energy/sites/ener/files/documents/energy_efficiency_factsheet.pdf
[5] European Commission, “Guide on good practice in energy efficiency for Central and South Eastern Europe”, 2018.
[6] Questo campo include ad esempio la spesa energetica sul totale delle spese domestiche, il reddito del primo quintile non in grado riscaldare e/o rinfrescare adeguatamente le proprie abitazioni, ed il reddito del primo quintile che vive in abitazioni con pavimentazioni allagate, mura umide e/o finestre rotte.
[7] Tale indice include le spese per il carburante dei cittadini automuniti, le persone del primo quintile che non riescono a sostenere i costi per l’utilizzo dei mezzi pubblici ed i cittadini del primo quintile con accesso limitato ai trasporti pubblici.