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Post COVID-19. Recuperare la concezione umanistica dell’impresa per far ripartire l’economia

L’economia globale non aveva mai visto niente di simile e l’intensità della crisi legata al coronavirus è tale che non è nemmeno possibile fare una stima delle possibili conseguenze. Tant’è che in caso di lockdown fino a giugno i consumi subiranno un calo del 9,9%.

Sono questi i dati forniti nella nota mensile di marzo da Istat.

Sempre nello stesso mese di marzo si è registrato un indice PMI (Purchasing managers index che monitora l’andamento dell’attività manifatturiera e dei servizi) pari a 17,4 nettamente più debole rispetto ai 52,1 di febbraio.

Anche i numeri che arrivano dall’Europa non sono positivi. Tant’è che gli economisti statunitensi – come ha lanciato in un recente articolo il Financial Times – hanno ridotto le stime per la crescita globale nel 2020 che, all’inizio del mese di marzo, erano pari al 3%.

Allo stato attuale emerge come la pandemia rappresenti una difficile sfida per l’Unione Europea che, da un lato, si è dimostrata inadeguata rispetto alle misure precauzionali adottate in modo disomogeneo nei diversi Stati, dall’altro lato, può ancora essere all’altezza del suo ruolo per far fronte all’emergenza economica e sostenere imprese e cittadini europei.

Si osserva che, nella storia del nostro pianeta, simili pandemie si sono verificate periodicamente, ma ciò che rende questo evento unico è la condizione globalizzata del mondo contemporaneo.

Al contempo, si registra l’inadeguatezza degli attuali modelli imprenditoriali per prevedere e contenere le conseguenze economiche a lungo termine.

Partendo dall’assunto che i cambiamenti più profondi si sono avuti successivamente a contingenze drammatiche – basti pensare al miracolo economico italiano nel secondo dopoguerra – che costringono gli uomini a riesaminare radicalmente il loro modello di vita, anche questa esperienza può essere un’opportunità per sviluppare nuovi e più efficaci modelli imprenditoriali magari più sostenibili ed umani.

In tale prospettiva gli imprenditori sono chiamati, già da adesso, ad interrogarsi su come le loro imprese si dovranno organizzare alla loro riapertura? A quali valori dovranno far riferimento?

Secondo Federico Della Puppa, esperto in pianificazione strategica e marketing territoriale di SmartLand “essere imprenditori al tempo del Covid non significa adattarsi, ma innovare, anticipare, trovare altre modalità operative”.

In sostanza, sostiene che per vincere la sfida economica lanciata dalla pandemia sia necessario passare da un’economia circolare ad una società circolare. Passare da comunità di fabbrica a fabbriche di comunità, dove il territorio diventa una metafabbrica all’interno del quale va costruito un progetto culturale, in cui la cultura è lo scheletro su cui si innestano tutti gli altri valori d’impresa.

Dello stesso avviso, Giulio Sapelli, Professore Ordinario di Storia Economica presso l’Università Statale di Milano e autore del libro Pandemia e Resurrezione” che ha invocato un ritorno a una base culturale umanistica per poi avviare una cultura manageriale.

Ai fini che qui interessano, è opportuno precisare che la difficile congiuntura economica che travolgeva le imprese ed i mercati, già da prima della pandemia, aveva fatto emergere per l’imprenditore l’esigenza di coniugare i valori economici con quelli etici.

D’altro canto, recentemente, l’affermazione della responsabilità sociale d’impresa, sostenuta da Adriano Olivetti negli anni ’90, era ritornata di grande attualità, al punto da rappresentare un’importante base di partenza per delineare un nuovo modello di impresa.

Le nostre piccole e medie imprese rivestono un ruolo importante in quanto portatrici di storia, cultura e tradizioni legate al nostro territorio. Essendo settore determinate dell’economia europea occorre che esse siano poste al centro di una reale politica industriale europea e di tutte le politiche e le norme dell’Unione che hanno rilievo per la crescita e l’occupazione.

L’Unione Europea non può più ritardare nelle risposte da dare alla crisi e deve adottare misure idonee a ripristinare la stabilità e il buon funzionamento del sistema bancario e, più in generale, per superare la crisi di liquidità delle PMI deve aumentare l’accesso al credito per la gran parte di esse indipendentemente dal tasso di rischio.

Ne consegue che, l’imprenditore deve arrivare pronto ad affrontare le sfide post Covid -19 con una visione nuova non più limitata al solo conseguimento dell’utile economico, ma promuovendo principalmente la tutela e valorizzazione del capitale umano, al contempo, sviluppando innovazione, la cui importanza, in periodi di crisi economica, è strategica.

Virtuoso è l’esempio di Brunello Cucinelli, noto imprenditore italiano che ha reagito da subito a questa emergenza definita “contingentale”, mettendo al centro della propria azione proprio la salvaguardia della salute della totalità dei suoi dipendenti, collaboratori, fornitori e clienti di tutto il mondo. Di talché, ha destinato l’utile dell’esercizio 2019 a riserva di utili.

In conclusione, per l’imprenditore non basta più essere resiliente, ma deve pensare al futuro organizzando simultaneamente un nuovo modo di lavorare perché, come sostenuto da Cucinelli stesso “ il tempo nuovo sarà per noi l’occasione affascinante per rimettere insieme il rapporto tra l’umanesimo e la tecnologia, tra il consumo e l’economia, tra lo spirito e l’armonia, tra il profitto e il dono”.