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Moda circolare: anche la moda diventa sostenibile

Moda circolare

Il WWF effettua frequentemente dei rating atti a valutare le prestazioni ambientali di aziende operanti in determinati settori e a promuovere un’economia rispettosa dell’ambiente.

L’industria tessile, in particolare, produce un impatto sull’ambiente ben distante dalla sostenibilità ambientale. Per mantenere il successo finanziario le aziende saranno obbligate ad adeguare i loro standard ai confini ecologici del pianeta, riducendo il loro impatto tramite efficienza, innovazione, trasformazione e consumo sostenibile.

Il report WWF Changing Fashion: The clothing and textile industry at the brink of radical transformation classifica 12 marchi, basandosi sui dati procurati dall’ Oekom Research. Le classi individuate per il rating delle aziende sono: visionari, ambiziosi, fascia intermedia superiore, fascia intermedia inferiore, ritardatari/non trasparenti. È risultato che nessuna delle 12 case è classificabile come visionaria. Nella categoria ambiziosi si colloca H&M, seguito, per la fascia intermedia superiore, da Nike, Adidas e Mammut. Nella fascia intermedia inferiore rientrano VF Corporation, con i marchi The North Face e Timberland, Hugo Boss, Odlo e Calida. Infine, tra i ritardatari o non trasparenti rientrano Triumph, Chicorée, PKZ e Tally Weijl.

Secondo il report, i consumatori possono contribuire a ridurre l’impatto ambientale dell’industria tessile comprando meno, semplificando il loro stile ed il loro guardaroba, usando, per esempio, vestiti di qualità migliore ed arricchendo i loro outfit con accessori di seconda mano e comprando vestiti di seconda mano o prodotti sostenibili.

Il modello di produzione delle aziende, invece, deve fondarsi sulla promozione della riduzione degli acquisti, del riciclo dei capi di abbigliamento, del riutilizzo e della condivisione. Ne sono un esempio le campagne di grandi marchi come quella di Patagonia Don’t buy this jacket .

Il problema di fondo è la sovrapproduzione di abiti dovuta ad una diminuzione di prezzi e qualità, alla quale si può rispondere solo riciclando. Un esempio di risposta proviene da Lablaco, una Startup Fashion & Technology, fondata nel 2016 a Milano, e la prima piattaforma al mondo di scambio ed economia circolare della moda. Sulla piattaforma è possibile vendere capi sostenibili e prodotti il cui impatto ambientale è misurabile. Inoltre, grazie all’applicazione Give, per gli utenti è possibile regalare abiti usati ad altri utenti, restituirli a marchi e rivenditori per la vendita di seconda mano o per il riciclo.

Grazie all’innovativa pratica di scambio e dono ed al concetto emergente di moda circolare digitale, Lablaco è stata ufficialmente certificata Innovative Start-up dalla Camera di Commercio italiana ed è stata selezionata come Web Summit Featured Alpha Startup a Lisbona nel novembre 2017.