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Migranti bloccati tra Polonia e Bielorussia: le tensioni si aggravano

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La situazione al confine tra Polonia e Bielorussia, di cui si era parlato nei mesi scorsi, si presenta oggi molto allarmante sia a livello politico che, soprattutto, umanitario.

La maggior parte dei migranti bloccati alla frontiera orientale sono provenienti dall’Iraq, dalla Siria e dall’Afghanistan, dunque, sono dei potenziali rifugiati che stanno esercitando il loro diritto di chiedere protezione internazionale: un diritto che dati i respingimenti attuati non è al momento rispettato.

La Polonia, infatti, in risposta alle pressioni migratorie dall’est aveva imposto lo stato di emergenza in estate, e lo ha mantenuto anche a settembre, negando l’accesso ai confini anche alla stampa e alle organizzazioni umanitarie, senza prestare ascolto all’UE che chiedeva rifugio almeno per i migranti afghani. Inoltre, Varsavia aveva cominciato a costruire una recinzione di filo spinato in opposizione ai flussi migratori, e questa situazione si è acuita recentemente dopo che il senato polacco ha approvato un piano per la costruzione di un vero e proprio muro: si tratterebbe di un muro lungo oltre 100km, con un costo di 350 milioni di euro che la Polonia considera come un investimento volto a proteggere il confine. Da notare che, in questo frangente, l’UE ha negato di fornire finanziamenti per la costruzione di muri come questo all’interno dei territori degli Stati membri, per cui la decisione resta dello stato polacco.

Questo stallo sulla frontiera orientale vede una presa di posizione della Polonia in risposta alla Bielorussia, poiché la prima accusa il Presidente bielorusso Lukashenko di favorire la pressione migratoria al confine europeo come rappresaglia contro l’Unione.

Infatti, all’origine della questione sembrano esserci le sanzioni imposte dall’UE alla Bielorussia in risposta al carattere fraudolento delle elezioni presidenziali avvenute nell’agosto 2020 nel Paese non UE, nonché alle intimidazioni e repressioni adottate dal governo bielorusso nei confronti dei giornalisti e dei manifestanti pacifici dell’opposizione.

Tuttavia, questa situazione è degenerata maggiormente negli ultimi giorni e i migranti in fuga da conflitti si ritrovano all’interno di un limbo senza vie di uscita, vedendo ignorate le loro richieste di protezione da parte di entrambi i Paesi. Infatti, i più recenti sviluppi su questa vicenda vedono un aumento della pressione migratoria al confine polacco, dove, secondo alcune fonti, durante questo week-end i migranti sarebbero stati scortati dall’esercito di Minsk mentre si dirigevano a piedi verso la frontiera europea. La Bielorussia, quindi, sta veicolando la crisi migratoria ai confini dell’UE.

Si tratta di una “strumentalizzazione” – come è stata definita chiaramente dalla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen – che ha come obiettivo quello di destabilizzare l’Unione, che, conseguentemente, si trova di fronte ad un bivio tra il rispetto dei diritti umani e il contrasto alle pressioni politiche bielorusse.

Infatti, secondo alcuni media internazionali, pare che Lukashenko stia facendo di tutto per incentivare i migranti provenienti dal Medio Oriente a partire alla volta dell’Europa assicurando loro di riuscire ad entrare. Minsk, dal canto suo, respinge tutte queste accuse e punta il dito contro la Polonia affermando sia quest’ultima ad aumentare “deliberatamente” le tensioni.

La posizione dell’UE

In merito alla posizione dell’Unione Europea all’atto pratico, questa escalation migratoria sta portando effettivamente gli eurodeputati di Bruxelles su un fronte divisorio: da un lato si rafforza l’ipotesi di difendere i confini senza cedere alla rappresaglia bielorussa, anche ricorrendo ad un eventuale finanziamento europeo per la costruzione di muri; dall’altro si esclude questa prospettiva, ricordando che gli Stati Membri non operano in un vuoto giuridico e che le violazioni dei diritti umani alla frontiera non sono tollerabili.

Ciò che desta preoccupazione, in ogni caso, è che l’UE si trova in una situazione difficoltosa, dove più Stati Membri iniziano ad abbracciare l’idea dei muri, che fino a qualche anno fa veniva fortemente respinta dalla maggioranza. In qualche modo, dunque, le pressioni ai confini hanno un effetto sulle politiche interne dell’Unione. A fronte di questo, Ursula von der Leyen ha affermato che “la strumentalizzazione dei migranti per fini politici è inaccettabile”, e ha annunciato che sono al vaglio nuove sanzioni contro Minsk, ma anche contro le compagnie aeree che partecipano alla manovra del regime, poiché la Bielorussia deve smettere di mettere a rischio la vita delle persone. Von der Leyen ha poi aggiunto che questa “cinica strumentalizzazione” – come l’ha definita lei stessa – non porterà al raggiungimento degli obiettivi bielorussi.

Possibili scenari

D’altronde, in termini di scenari futuri, se da un lato un aspetto che può destare attenzione è il rischio di una legalizzazione dei respingimenti in Polonia, sulla scia dell’Ungheria, innescando a sua volta una reazione a catena anche nei Paesi limitrofi come Lituania e Lettonia che subiscono le stesse pressioni migratorie; dall’altro, l’UE non può cedere alla strumentalizzazione dei migranti, perché significherebbe avallare una strategia umanamente altrettanto inaccettabile.

Come si può leggere nella Dichiarazione ufficiale della Presidente, infatti, Von der Leyen ha parlato con il Primo Ministro Polacco Mateusz Morawiecki, il Primo Ministro Lituano Ingrida Šimonytė e il Primo Ministro Lettone Arturs Krišjānis Kariņš per esprimere la solidarietà dell’Unione nei loro confronti, e per discutere insieme delle misure che l’UE può adottare nel supporto alla gestione della crisi alla frontiera. Von der Leyen ha definito un “attacco ibrido” quello della Bielorussia, ed è intenzionata ad approvare un’estensione del regime sanzionatorio contro quest’ultima.

Il Vicepresidente Schinas, di concerto con con l’Alto Rappresentante/Vicepresidente dell’UE Borrell, viaggerà nei prossimi giorni verso i principali Paesi di origine e transito dei migranti, per tentare di impedire che altre persone possano rimanere bloccate alla frontiera cadendo nella trappola bielorussa. La risposta UE, dunque, sembra essere al momento quella di esplorare insieme alle Nazioni Unite e alle agenzie specializzate come impedire una crisi umanitaria senza cedere alla strumentalizzazione sui migranti, ma cercando di assicurare che queste persone possano avere un ritorno sicuro nei loro paesi di origine, con il supporto delle rispettive autorità nazionali.

In conclusione, la Bielorussia sta facendo volontariamente leva su un tema sensibile come la migrazione poiché è sinonimo di tensioni all’interno dell’UE, e anche gli Stati Uniti leggono un tentativo di destabilizzazione europea orchestrato dal Presidente Lukashenko dietro la situazione alla frontiera europea.

Nella visione europea, tuttavia, le persone bloccate al confine non possono morire di stenti ed essere oggetto di controversie politiche, ma non si può neanche cedere alle pressioni meschine della Bielorussia che usano i migranti per i propri fini. Nel frattempo al confine Polacco la situazione si fa sempre più drammatica e si teme un’escalation armata. Il quadro, dunque, si fa complesso ora dopo ora e gli sviluppi futuri dipenderanno dalle misure adottate.