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La seconda pandemia del secolo: il coronavirus

OMS ai tempi del coronavirus

Coronavirus: questa è la parola più cliccata nei motori di ricerca da qualche settimana ad oggi. Il mondo pare essere nuovamente nel panico e, questa volta, il colpevole è proprio il nuovo Covid-19 arrivato dalla Cina. Secondo i dati contenuti nel sito ufficiale dell’OMS[1], aggiornati al 13 marzo 2020, sarebbero 132.567 i casi accertati sparsi in 123 paesi del mondo, di cui 4.947 si sono rilevati mortali e sono stati proprio questi dati ad aver convinto Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore l’Organizzazione Mondiale della Sanità, a dichiarare che il coronavirus è una pandemia. D’ora in avanti quindi, l’OMS potrà prendere direttive e inviare équipe nelle regioni maggiormente colpite come Cina, Iran, Italia e Corea del Sud.

Questa è la seconda pandemia del Ventunesimo secolo, l’ultima dichiarazione da parte dell’Oms risale al 2009, quando l’influenza A/H1N1 colpì circa un miliardo di persone nei primi sei mesi, causando 600.000 morti. l’Organizzazione Mondiale della Sanità, durante la cosiddetta “influenza suina” venne però accusata di aver dichiarato troppo presto la pandemia, non solo scatenando il panico tra la comunità internazionale, ma facendo pagare a molti stati un caro prezzo. Questa potrebbe essere la ragione che spiega i tempi d’attesa particolarmente lunghi che hanno caratterizzato la presa di coscienza dell’OMS nell’attuale crisi. Secondo la comunità scientifica già da qualche settimana, infatti, l’espansione da coronavirus era tale da corrispondere alla definizione di pandemia.

Come sappiamo, a livello internazionale si parla di pandemia quando un nuovo agente patogeno, per il quale gli individui non hanno immunità, si diffonde rapidamente e con facilità in una zona molto più vasta e diffusa rispetto a quella solitamente interessata da un’epidemia.

Nel 1999 venne pubblicata per la prima volta una guida su come prepararsi all’avvento di una pandemia, guida aggiornata successivamente nel 2005, nella quale venivano indicate le sei fasi di sviluppo e trasmissione del virus, di cui solo la Fase 6 è quella che decreta l’inizio del periodo pandemico vero e proprio, che corrisponde all’aumentata e prolungata diffusione del virus da uomo a uomo in almeno due continenti nel mondo. Un dato che dovrebbe rasserenarci è che la gravità e la mortalità del virus, però, non sono i parametri decisivi per determinare la dichiarazione della pandemia, che invece è definita sulla base della velocità di diffusione della malattia.

La dichiarazione di pandemia implica anzitutto che ogni paese debba necessariamente adottare un Piano Nazionale Pandemico che segua le linee guida e i parametri dettati dall’OMS. Tra le misure più adottate vi sono: la riorganizzazione dei posti letto negli ospedali, comprese le strutture di terapia intensiva, l’alleggerimento delle strutture di pronto soccorso e l’aumento del numero di medici, infermieri e più in generale di tutto il personale sanitario. Sono ritenute fondamentali anche alcune misure che possono riguardare l’acquisto di medicinali e la creazione e la messa in produzione di un vaccino, così come l’organizzazione delle campagne di vaccinazione. In alcuni casi potrebbe diventare necessario compiere delle scelte relative all’accesso alle terapie. È possibile, inoltre, che gli stati decidano di porre uno stop alla produzione e alla circolazione via terra e via mare al fine di contenere quanto più possibile l’espansione del virus, portando però a drastiche conseguenze per le economie statali.

I paesi più colpiti come la Cina, Italia, la Corea del Sud e l’Iran avevano adottato un proprio Piano Nazionale ancora prima dell’intervento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, e proprio per questo sono stati ringraziati pubblicamente per aver dato un importante contribuito al fine di rallentare il virus e controllare la diffusione del Covid-19.

È interessante sottolineare proprio la risposta italiana a questa ondata di crisi. Se in un primo momento il governo era sembrato quantomeno incerto sulle soluzioni da adottare, in poche settimane la ripresa è stata decisamente positiva. Il protagonista di questi giorni è Giuseppe Conte, presidente del Consiglio, il quale ha dichiarato lo scorso 9 marzo, in conferenza stampa, l’entrata in vigore del nuovo decreto “Io resto a casa”: «Tempo non c’è n’è. Le nostre abitudini vanno cambiate. Dobbiamo rinunciare tutti a qualcosa per il bene dei nostri cari, dei nostri genitori e dei nostri nonni. Lo dobbiamo fare tutti. Ci riusciremo solo se tutti collaboreremo subito». Queste alcune delle parole pronunciate da Conte che pare abbiano convinto sin da subito la maggioranza dei cittadini italiani, i quali attraverso i social network e i canali web hanno espresso il proprio supporto al governo attraverso l’hashtag #iorestoacasa. Due giorni dopo, in data 11 marzo, lo stesso Presidente del Consiglio ha poi deciso di firmare un Dpcm recante ulteriori misure in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 sull’intero territorio nazionale.

È chiaro, però, che se da una parte questo decreto porterà ad un decisivo miglioramento della salute dei cittadini, dall’altra produrrà effetti catastrofici nell’economia nazionale. In questo senso è interessante la dura nota del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che durante la giornata di ieri ha espresso il proprio malcontento per la posizione assunta dalla Banca Centrale Europea rispetto alla crisi pandemica. Infatti, Christine Lagarde, presidente della BCE, in conferenza stampa ha invitato i governi a spendere di più, affermando di “non essere qui per abbassare gli spread”, decidendo quindi di non intervenire con un ribasso dei tassi per sostenere l’economia italiana. Posizione che ha portato i mercati a sprofondare, con la borsa di Milano che ha ottenuto il peggior risultato della sua storia. Come afferma il Capo di Stato italiano, la risposta dell’Europa dev’essere in questo momento più solidale, poiché gli sforzi che l’Italia sta facendo saranno utili a tutti i paesi dell’Unione Europea.

Per concludere, riprendendo le parole del OMS “Non siamo alla mercé del virus, insieme possiamo batterlo. Il grande vantaggio che abbiamo è che le nostre decisioni, a livello di governi, attori economici, comunità, famiglie e individui è che tutti noi possiamo influenzare la traiettoria dell’epidemia. La regola del gioco è mai darsi per vinti”. È necessario, quindi, che tutti gli Stati collaborino per contenere e mitigare il coronavirus. Ogni stato dovrà prendersi le proprie responsabilità cercando di lavorare per il benessere di tutta la popolazione mondiale.

 

[1] https://experience.arcgis.com/experience/685d0ace521648f8a5beeeee1b9125cd