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La crisi nella crisi

La crisi nella crisi

Quando si pensa alla Sicilia, si pensa alla granita, al cannolo ripieno di ricotta, al pistacchio, alle meravigliose spiagge bianche e alle acque cristalline, al sole e all’accoglienza della popolazione locale.

Spesso però ci si dimentica del numero di migranti che approdano sulle coste sicule, dei migranti ammassati all’interno dei centri di prima accoglienza, e ancor meno si pensa alle mancate precauzioni igenico-sanitarie che dovrebbero essere garantite all’interno dei centri e che, purtroppo, non vi sono. Poco si pensa ai residenti che, seppur abbiano sempre dimostrato la volontà di aprirsi all’altro, riescono a stento a rilanciare il turismo e da ciò ne deriva il malcontento e l’aumento del razzismo.

Lampedusa è l’isola più grande dell’arcipelago delle Pelagie e conta circa 6 mila abitanti, posizionata nell’area più a sud dell’Italia, tanto che il 28 giugno del 2008 è stata inaugurata la Porta di Lampedusa-Porta d’Europa.

L’isola è divenuta nel tempo la ‘porta d’accesso’ dell’Europa e da circa venticinque anni è una tra le principali mete delle rotte migratorie provenienti dal continente africano, contando circa 40.000 sbarchi.

Nelle ultime settimane l’isola di Lampedusa ha accolto centinaia e centinaia di migranti, tanto da superare di circa dieci volte la capienza massima degli hotspot sull’isola, che possono ospitare fino a un massimo di 190 persone. Attualmente sull’isola soggiornano circa 1.400 migranti!

Può essere una tale situazione gestibile, o vagamente accettabile dai residenti? La risposta alla domanda è più che ovvia! L’isola di Lampedusa è costretta a sopportare una situazione non più sostenibile per un duplice motivo. Se da un lato è fondamentale garantire ai migranti la tutela dei loro diritti fondamentali, dall’altro è necessario non solo tenere in considerazione le esigenze della gente del posto, ma soprattutto tenere sotto controllo la pandemia di Covid 19, che oggi ancor più di prima (visto l’innalzamento della curva dei contagi) obbliga al rispetto delle norme del distanziamento sociale. Un distanziamento che con i numeri degli hotspot è impossibile da garantire. Proteggere dal rischio contagio i migranti e gli isolani, non può e non deve passare in secondo piano!

Una situazione ingestibile, più volte denunciata dal primo cittadino di Lampedusa: “In queste condizioni il governo non può garantire la sicurezza”. Il senso di abbandono è ampiamente diffuso tra gli isolani, che chiedono al Governo nazionale di agire.

Per tentare di risolvere il problema, il 23 agosto 2020, il Governatore della Regione Sicilia, Nello Musumeci, ha emanato un’ordinanza  regionale disponendo la chiusura di tutti gli hotspot presenti sul territorio siciliano e il successivo sgombero dei centri di prima accoglienza. Ordinanza che non compete alla Regione. Come sancisce l’Articolo 117 della Costituzione italiana la competenza in materia di immigrazione e diritto di asilo è affidata esclusivamente allo Stato, ecco perché il Governo ha presentato al tribunale amministrativo siciliano un’istanza cautelare che ieri, 27 agosto 2020, il Tar Sicilia ha accolto, sospendendo così le misure previste dall’ordinanza.

La sentenza del Tar afferma che le misure emanate da Musumeci «sembrano esorbitare dall’ambito dei poteri attribuiti alle regioni».  L’istanza del Tar è definita cautelare perché «sebbene [le misure siano] disposte con dichiarata finalità di tutela della salute in conseguenza del dilagare dell’epidemia da Covid-19 sul territorio regionale, involvono e impattano in modo decisivo sull’organizzazione e la gestione del fenomeno migratorio nel territorio italiano, che rientra nell’ambito della competenza esclusiva dello Stato».

L’ordinanza del Governatore siciliano sarà stata emanata per attirare l’attenzione dei vertici?

Sebbene tale ordinanza abbia finalmente acceso i riflettori sulla situazione del sovrappopolamento degli hotspot della Regione Sicilia e abbia fatto discutere della problematica legata ad un’errata gestione dell’accoglienza dei migranti, ha d’altra parte contribuito ad alimentare il sentimento di razzismo che purtroppo in Italia è sempre più presente.

Se prima non viene garantita una corretta gestione dell’accoglienza, come si può pensare che la popolazione locale possa accettare tutto senza diventare razzista? Il razzismo può essere arginato se i diritti di tutti vengono tutelati.

La reazione che sarebbe dovuta insorgere al momento dell’emanazione dell’ordinanza doveva essere legata alla pochissima attenzione che lo Stato ha rivolto a chi vive quotidianamente una situazione di disagio sociale, economico e sanitario. Si parla dunque, non solo della popolazione residente, ma anche e soprattutto dei migranti che dopo aver subito traumi inspiegabili non riescono ancora a trovare la pace, sebbene siano in uno Stato che si definisce promotore dei diritti umani.

L’accoglienza è un dovere innanzitutto morale prima che giuridico, ma accogliere vuol dire tutelare, sia l’accolto che colui che accoglie. L’obiettivo è ancora lontano, purtroppo.