La sentenza di inammissibilità del ricorso emessa dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE) il 25 marzo 2021 nel Caso Carvalho e altri v. Parlamento europeo e Consiglio dell’Unione europea o People’s Climate Case rivela la posizione dell’Ue in materia di giustizia climatica.
A rischio la vita dei cittadini dell’oggi e del domani
Lavoratori agricoli e turistici di diversa nazionalità e l’associazione svedese Sáminuorra hanno lamentato che le politiche dell’Unione per la protezione dell’ambiente non fossero sufficientemente ambiziose.
Il Quadro Ue per il Clima e l’Energia 2021-2030 si prefiggerebbe un obiettivo troppo basso per ridurre le emissioni di gas serra, pari al 40%, che non proteggerebbe le generazioni presenti e future dall’impatto del cambiamento climatico. Di conseguenza, l’Ue starebbe mettendo a rischio la vita dei cittadini dell’oggi e del domani, violando così le norme sui diritti umani della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE.
Per questo motivo, i ricorrenti hanno chiesto l’annullamento degli atti legislativi del Pacchetto Clima ed un risarcimento non monetario volto ad estendere l’obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 al 60%.
I motivi di irricevibilità del ricorso
Sono interessanti le ragioni per le quali la Corte non ha accolto le lamentele dei ricorrenti. Dà infatti un’interpretazione restrittiva dell’art. 263.4 del Trattato per il funzionamento dell’Ue (TFEU), che definisce le condizioni secondo cui un cittadino può fare appello alla Corte: questo dovrebbe dimostrare di aver subito in modo esclusivo e peculiare danni a causa delle disposizioni regionali (come il Pacchetto Clima). Dichiarando irricevibile il ricorso di Carvalho, la Corte ha quindi constatato l’inesistenza di tali requisiti.
La decisione cristallizza anche la pronuncia del caso Plaumann v. Commissione della Comunità Economica Europea del 1963. Qui, la CGUE affermò che un individuo per avere accesso ai tribunali Ue deve dimostrare che un suo interesse individuale sia stato leso. Nel caso Carvalho, secondo la Corte, ciò non si è verificato; al contrario, gli effetti negativi del cambiamento climatico hanno colpito tutti in modo generalizzato.
Le preoccupanti conseguenze della decisione della Corte
La sentenza è critica perché lascia poco a sperare per i futuri ricorsi di cittadini europei che vogliano proteggere l’ambiente da provvedimenti dell’Ue potenzialmente dannosi per i suoi cittadini. La Corte ha precluso la possibilità ai ricorrenti di avere accesso alla giustizia in materia ambientale, dando vita ad un precedente pericoloso.
Tale pronuncia rivela anche la contravvenzione dell’Ue agli obblighi (art. 9.3) della Convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione dei cittadini e l’accesso alla giustizia climatica, in vigore dal 2005. La CGUE fallisce infatti nel garantire ai cittadini l’accesso a procedure giudiziarie volte a contestare atti ed omissioni da parte di privati e delle autorità pubbliche in nome della protezione dell’ambiente.
In altre parole, la Corte sembrerebbe non riconoscere che l’impatto del cambiamento climatico incombe su tutta la popolazione sia direttamente sia indirettamente e che un’azione riformatrice sia necessaria.