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Il sovraffollamento degli hotspot in Grecia è un rischio per la salute dei migranti

Migranti: sovraffollamento degli hotspot

I primi di marzo, in seguito all’apertura unilaterale delle frontiere da parte della Turchia di Erdoğan, migliaia di migranti, perlopiù richiedenti asilo siriani, si sono diretti verso il confine naturale che il fiume Evros crea con la Grecia e verso le coste delle vicine isole greche.

Oltre alle misure umanamente e giuridicamente inaccettabili che sono state adottate dalla polizia frontaliera greca per respingere i migranti provenienti dalla Turchia, la crisi che si è scatenata ha dimostrato nuovamente la mancata gestione coordinata dei flussi migratori nell’Unione Europea.

A tal proposito basti riflettere sulla decisione del Primo Ministro greco Mītsotakī di sospendere la ricezione delle domande di asilo per un mese, nonostante la normativa europea preveda che tale misura possa essere adottate in situazioni emergenziali solo dal Consiglio europeo, su proposta della Commissione europea e previa consultazione del Parlamento.

Per quanto riguarda la condizione vissuta nei campi formali e informali delle isole greche, la situazione già invivibile potrebbe diventare drammatica con il propagarsi del nuovo coronavirus.

Nelle cinque isole greche a ridosso della costa turca, infatti, sono costretti a vivere circa 42.000 rifugiati e migranti, ai quali si continuano ad aggiungere nuovi arrivi. I campi sono sovraffollati e l’adozione delle misure di distanziamento sociale necessarie per evitare la diffusione del virus, non sono attuabili.

Così com’è impensabile il rispetto delle norme igieniche, essenziali in questo momento, in luoghi come l’hotspot di Moria a Lesbo, dove, come riportato da Medici senza Frontiere, c’è un rubinetto ogni 1300 persone.

Per il momento non si ha notizia di casi di COVID-19 a Moira e i nuovi arrivi vengono isolati, spesso in luoghi non attrezzati. Al contrario, il campo di Ritsona, vicino Atene, è stato messo in quarantena dopo che 21 dei suoi abitanti sono risultati positivi al virus.

Tra le possibili opzioni per mitigare il pericoloso sovraffollamento nelle isole greche, la commissaria europea agli Affari Interni, Ylva Johansson, ha annunciato la possibilità, per i migranti economici arrivati prima del primo gennaio 2020, di aderire al programma di rimpatrio volontario gestito dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, ma con un sostegno economico di 2.000 euro ciascuno, una cifra cinque volte maggiore di quella normalmente prevista.

In merito ai minori non accompagnati presenti sulle isole greche, sempre Johansson afferma che otto stati membri dell’Unione europea si sono dichiarati disposti ad accoglierne 1.600, ma per il momento non si hanno chiarimenti sulle tempistiche del trasferimento.

La Grecia avrebbe bisogno del sostegno di tutti i paesi dell’Unione per risolvere il problema del sovraffollamento dei campi. D’altra parte, lo stesso meccanismo temporaneo di ricollocazione pensato dall’Unione europea per affrontare il grande afflusso di migranti del 2015, non è mai stato attuato pienamente. Proprio in relazione a ciò si è espressa la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea il 2 aprile 2020, la quale ha dichiarato che: “la Polonia, l’Ungheria e la Repubblica ceca sono venute meno agli obblighi ad esse incombenti in forza del diritto dell’Unione”. I tre Paesi, infatti, non hanno rispettato il sistema di quote che prevedeva il ricollocamento dei richiedenti asilo dall’Italia e dalla Grecia agli altri Stati membri.

Si spera che la difficile situazione scaturita dalla pandemia di COVID rappresenti un incentivo e non un blocco al miglioramento delle condizioni di vita delle migliaia di persone bloccate nei campi in Grecia e del rispetto dei loro diritti fondamentali.