Il 5 luglio il Parlamento Europeo in seduta plenaria ha respinto la nuova direttiva sul copyright con 278 voti a favore, 318 contro e 31 astensioni. La direttiva, che negli ultimi mesi era stata al centro di un acceso dibattito, prevedeva l’introduzione di una serie di regole per aggiornare le leggi sulla tutela del diritto d’autore in Europa.
Gli articoli 11 e 13
La discussione sulla direttiva ha riguardato principalmente gli articoli 11 e 13, che i contrari all’approvazione consideravano pericolosi per la libera circolazione delle informazioni online.
Tra gli obiettivi della nuova direttiva c’era quello di bilanciare il rapporto tra le piattaforme online (come Google e Facebook) e gli editori, i cui contenuti vengono sfruttati dalle prime all’interno dei loro servizi. Secondo l’articolo 11 ogni stato membro avrebbe dovuto a assicurarsi che gli editori dei siti di notizie ricevessero una “consona ed equa remunerazione” per l’uso dei loro materiali da parte dei “fornitori di servizi nella società dell’informazione”. Una regola come questa, secondo i critici, avrebbe danneggiato soprattutto i fornitori di servizi meno affermati sul mercato, aumentando il monopolio delle grandi aziende che non avrebbero avuto problemi a pagare gli editori.
L’articolo 13, invece, prevedeva che tutte le piattaforme online dovessero esercitare un controllo preventivo su ogni contenuto caricato dai propri utenti, per evitare la diffusione di materiale coperto da copyright. Oltre alla difficoltà di implementare un sistema di controllo di questa ampiezza, i critici sostengono che questo articolo sarebbe, di fatto, contrario ai principi di apertura e libera circolazione delle informazioni su internet.
Cosa succede adesso
Con la bocciatura del 5 luglio la discussione sulla proposta è rinviata alla prossima seduta plenaria dell’Parlamento Europeo, prevista per settembre. I promotori della direttiva dovranno però scontrarsi con numerose difficoltà: il testo dovrà ora essere sottoposto ad emendamenti e tentare di arrivare all’approvazione prima delle Elezioni europee di maggio 2019.