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Global Compact: un patto per l’accoglienza

Si chiama “Global Compact for Migration” il documento sottoscritto a Marrakech il 10-11 Dicembre 2018 da 164 Paesi. Si tratta del  primo accordo globale, legalmente non vincolante, delle Nazioni Unite su un approccio comune alla migrazione internazionale, in tutte le sue dimensioni. Fondato sui valori della sovranità statale, sulla condivisione delle responsabilità, sulla non discriminazione e sui diritti umani, esso riconosce la necessità di un approccio cooperativo per ottimizzare i benefici complessivi della migrazione, affrontando i rischi e le sfide per gli individui e le comunità nei paesi di origine, transito e destinazione.

La nascita dell’accordo

Il Global Compact può essere considerato l’evoluzione e la concretizzazione della Dichiarazione di New York su Rifugiati e Migranti adottata il 19 Settembre 2016, all’unanimità, dalle Nazioni Unite. L’Assemblea Generale dell’ONU aveva infatti deciso di avviare una fase negoziale per gestire il fenomeno della migrazione in maniera “sicura, ordinata e regolare” e “tutelare i diritti e salvare le vite” di coloro che sono costretti ad abbandonare il proprio Paese. Il completamento del testo del Global Compact, avvenuto il 13 luglio 2018, è stato definito un momento storico dall’allora Presidente dell’Assemblea Generale Miroslav Lajčák, che in quell’occasione sottolineò come l’accordo “non incoraggiasse la migrazione, né avesse lo scopo di arrestarla […], ma poteva essere lo strumento per sfruttare i vantaggi della migrazione e mitigarne i rischi“.

Gli obiettivi

Riaffermando quanto sottoscritto nella Dichiarazione di New York, il Global Compact punta alla realizzazione di 23 obiettivi in tema di migrazione, ognuno dei quali contenente un impegno e una serie di azioni di rilevanza politica da portare avanti. Tra i principali obiettivi si vogliono evidenziare i seguenti:

  1. Ridurre al minimo le cause e i fattori strutturale che costringono le persone a lasciare il loro Paese d’origine;
  2. Migliorare la disponibilità e la flessibilità dei percorsi per la migrazione regolare;
  3. Agevolare il reclutamento equo ed etico e salvaguardare le condizioni che garantiscono un lavoro dignitoso;
  4. Affrontare e ridurre le vulnerabilità nella migrazione;
  5. Salvare vite umane e stabilire sforzi internazionali coordinati sui migranti dispersi;
  6. Prevenire, combattere e sradicare la tratta di persone nel contesto della migrazione internazionale;
  7. Migliorare la protezione, l’assistenza e la cooperazione consolari in tutto il ciclo della migrazione;
  8. Fornire l’accesso ai servizi di base per i migranti;
  9. Responsabilizzare i migranti e le società a realizzare la piena inclusione e la coesione sociale;
  10. Creare condizioni per i migranti e le diaspore per contribuire pienamente allo sviluppo sociale in tutti i paesi.
Posizioni contrastanti

Il Global Compact è stato approvato da 164 Paesi nonostante la Dichiarazione di New York l’avessero adottata in 193. Infatti, molte, e alcune di particolare importanza, sono le defezioni e le rinunce a sottoscrivere l’accordo. In primis, gli Stati Uniti che sotto la guida del presidente Donald Trump hanno abbandonato i tavoli negoziali, già nel dicembre 2017, quindi ben prima del completamento del testo definitivo. In campo europeo, spiccano le assenze dei cosiddetti Paesi Visegràd (Ungheria, Slovacchia, Polonia e Repubblica Ceca), che negli ultimi anni hanno assunto posizioni euroscettiche, rigide e sovraniste in tema di immigrazione. Parere contrario all’adozione dell’accordo ha manifestato anche il governo austriaco, guidato dal dicembre 2017 da una coalizione tra il Partito popolare, di centrodestra, sostenuto dalla formazione di estrema destra, Partito della libertà.

La crisi belga

In Belgio la decisione del primo ministro Charles Michel di adottare il Global Compact ha portato a una crisi di governo. Infatti, il partito nazionalista fiammingo, primo partito della coalizione di governo, ha deciso di lasciare la maggioranza, esprimendo in tal modo il proprio disaccordo. Il primo ministro Michel si trova adesso a dover guidare un governo di minoranza, altamente instabile, e non sono escluse nuove consultazioni nelle prossime settimane, per poter formare un esecutivo che guidi il paese fino alle prossime elezioni previste nel maggio del prossimo anno.

Il caso italiano

L’Italia rappresenta probabilmente il più importante dietrofront all’adozione del Patto, sia per l’importanza politica internazionale detenuta dal nostro Paese, che per l’interesse per un fenomeno, quello migratorio, che da anni è tema di un acceso dibattito politico. Nonostante l’iniziale appoggio offerto dal Premier Giuseppe Conte, dal ministro degli Esteri Moavero Milanesi e da una delle due formazioni di governo, il Movimento 5 Stelle, si è registrato un cambiamento di rotta da parte dell’esecutivo italiano. Motivo di tale ripensamento sono state le posizioni del Ministro dell’Interno, che ha fortemente osteggiato tale decisione, provocando un impasse nel governo. Per evitare una crisi vera e propria, paragonabile a quella belga, il Premier Conte ha deciso di sospendere l’adesione al Global Compact per i migranti, rimettendo al voto delle Camere la decisione di sottoscrivere o meno l’accordo internazionale. Sembrano esserci, tuttavia, segnali positivi visto il voto favorevole all’Assemblea ONU del 18 dicembre, in cui l’Italia ha dato parere favorevole all’adozione del Global Compact per i rifugiati.

Per consultare il testo completo del Global Compact sui migranti clicca qui