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Gli Afghani e gli altri: i migranti nell’UE

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Se nel 2020 i flussi verso l’UE si sono ridotti per effetto della pandemia, nel 2021 il fenomeno migratorio ha ripreso vigore e la crisi afghana preoccupa gli Stati Membri più refrattari ai nuovi arrivi

La ripresa del potere da parte dei talebani in Afghanistan ha riportato all’attenzione dei cittadini europei la mai sopita questione dell’immigrazione. La proposta della Commissione Europea di aprire corridoi umanitari si è scontrata con l’opposizione di alcuni leader nazionali, restii ad accettare ulteriori immigrati. Dato il contrasto tra questi due approcci, vale la pena fare il punto sulla questione migratoria nell’UE.

Nel 2020, il territorio europeo ospitava 23 milioni di cittadini di Paesi terzi e 37 milioni di persone nate al di fuori dell’UE, rispettivamente il 5,1% e l’8,2% della popolazione totale dell’Unione. Il dato europeo risulta in ogni caso contenuto al confronto con altri Paesi ad alto reddito: i cittadini nati all’estero sono il 15,3% negli Stati Uniti, il 21,3% in Canada, il 28,8% in Svizzera e il 30,1% in Australia. La maggior parte dei flussi migratori in tutto il mondo, Europa compresa, restano intra-continentali.

Nel 2019, la proporzione di cittadini stranieri impiegati sul totale della forza lavoro europea è del 4,6%, vale a dire 8,7 milioni su un totale di 188,9 milioni. Molti immigrati sono “lavoratori essenziali”, ossia sono impiegati in settori quali alloggi e ristorazione (11,4%), attività amministrative e servizi di supporto (7,1%), lavoro domestico (6,5%) ed edilizia (8,6%), in cui sono persino sovrarappresentati rispetto ai cittadini europei.

Secondo un rapporto dell’UNHCR, le restrizioni alla mobilità imposte dalla pandemia di Covid-19, inclusa la chiusura delle frontiere, hanno ridotto gli arrivi di rifugiati e richiedenti asilo giunti in Europa del 25-35% nel 2020. Nel corso dello stesso anno è stata riconosciuta una qualche forma di protezione internazionale a circa 285.000 richiedenti asilo, in gran parte provenienti da Siria (27%), Venezuela (17%) e Afghanistan (15%), a fronte di oltre 472.000 domande di protezione internazionale. Se il numero di domande presentate per la prima volta è in diminuzione del 33% rispetto al 2019, il numero di rifugiati presenti in Europa è aumentato del 3% nel corso del 2020, passando da 6.570.500 a 6.777.200.

Alla fine del 2019, la Germania accoglieva 1,2 milioni di rifugiati e 200.000 richiedenti asilo, in terza posizione mondiale.

Nessun altro Paese dell’UE27 compare tra i primi dieci Paesi di accoglienza. Ciò è dovuto al fatto che la maggioranza di coloro che fuggono da guerre e catastrofi trova riparo – per quanto precario – nei Paesi confinanti e solo il 10% circa di essi tenta di raggiungere l’UE. Sostanziali differenze permangono anche nei tassi di riconoscimento dei diversi Paesi dell’UE: solo l’1% delle domande di asilo di cittadini afghani sono state accolte in Bulgaria, a fronte del 93% in Italia.


Fonte: UNHCR
Fonte: UNHCR

Secondo dati Frontex, gli ingressi irregolari nell’UE si sono attestati a 125.100 nel 2020, il dato più basso degli ultimi sette anni, mentre nei primi sette mesi del 2021 ne sono stati registrati 82.000 (+59%). Rotte solitamente poco battute, come quelle che conducono alle Isole Canarie o in Lituania attraverso il confine bielorusso, iniziano a registrare aumenti significativi di arrivi di cittadini extra-UE. Questo fenomeno deriva dalle difficoltà che i migranti hanno riscontrato finora sulla rotta balcanica e nel Mar Mediterraneo e dalla ricerca di un punto di ingresso relativamente meno presidiato rispetto a questi ultimi.

Dal punto di vista politico, la questione afghana appare come un’importante occasione per l’UE per definire una volta per tutte una politica migratoria decisa e condivisa, che regoli i flussi in maniera ordinata (evitando crisi come quelle del 2015) e assicuri tutele adeguate a coloro che rischiano la vita nei loro Paesi di origine, coerentemente con la promozione dei valori e dello stile di vita dell’UE.