Si è tenuto a Napoli il 22 e il 23 luglio 2021 il G20 Ambiente, Clima ed Energia. Tra gli obiettivi da raggiungere ci sono conciliare il benessere sociale ed il progresso, porre la transizione ecologica al centro dell’agenda politica, con un approccio coordinato per affrontare le crisi globali, anche dopo il Covid-19, e con un percorso scientifico comune.
Uno degli argomenti chiave trattati è quello della protezione degli oceani e dei mari: a riguardo è stata riconosciuta la necessità di rafforzare le azioni per conservare, proteggere ripristinare ed utilizzare sostenibilmente le acque marine ed oceaniche e, allo stesso modo, va intensificata la salvaguardia delle barriere coralline. Particolare attenzione è stata prestata a porti e città costiere, all’identificazione di aree ad emissione controllata e alla riduzione delle emissioni proveniente dal settore marittimo.
La pesca illegale, non registrata o non regolamentata
Il raggiungimento degli obiettivi selezionati passa per la regolamentazione della pesca e, in particolar modo, della IUU fishing, ossia la pesca illegale, non registrata o non regolamentata. Il G20 si è impegnato a concludere prima possibile un accordo vincolante a tutela della conservazione della biodiversità marina e dell’uso sostenibile delle acque fuori dalla giurisdizione nazionale.
Il regolamento dell’Unione Europea
Anche il regolamento dell’Unione Europea, entrato in vigore il 10 gennaio del 2010, si è schierato contro la pratica della pesca illegale prevedendo che solo i prodotti accompagnati da certificazione e convalidati dallo Stato competente possono essere importati nell’UE e che i pescherecci devono essere identificati tramite le organizzazioni regionali che gestiscono l’attività.
Il regolamento prevede, inoltre, sanzioni per gli Stati che permettono di praticare illegalmente la pesca. Qualora si rilevi una trasgressione si procede ad un avvertimento iniziale, una sorta di cartellino giallo che diventa rosso nel momento in cui si persiste nella trasgressione. Le sanzioni consistono nell’inserimento del Paese nella lista di quelli che non hanno collaborato, con il conseguente divieto di importare nell’Unione Europea, e si applicano anche agli operatori appartenenti all’UE che operano al di fuori della stessa.
Per facilitare il meccanismo è stato implementato CATCH, un dispositivo informatico di controllo per verificare i certificati di cattura dei prodotti marittimi che entrano nel territorio dell’Unione.