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Cambiare per non morire

Cambiamenti climatici
Alluvioni, trombe d’aria, siccità: le molteplici facce della stessa medaglia, quella dei cambiamenti climatici. Identificare il problema per mettere a punto le soluzioni

Le strategie di mitigazione degli effetti del clima e di adattamento ai cambiamenti climatici sono linee guida europee messe in atto anche attraverso il Programma di finanziamento europeo Life su natura e ambiente. Esse non solo riguardano la preservazione di habitat e la tutela della biodiversità a livello di flora e fauna, ma pongono anche seri problemi in termini di tutela e conservazione dell’ambiente e dei patrimoni artistico-culturali. Secondo le parole del Segretario Generale Onu Antonio Guterres del 23 marzo scorso, “il cambiamento climatico è innegabile e le azioni per contrastarlo non possono essere fermate”. La Conferenza di Parigi sul clima nel 2015 (COP21) e la Conferenza delle parti di Marrakech nel 2016 (COP22) segnano piccoli ma inesorabili passi verso quella direzione. Una terra che cambia è il segno che è giunto il momento di affrontare una nuova sfida. L’obiettivo principale è quello di mantenere l’aumento della temperatura mondiale al di sotto dei 2° C, ma c’è ancora molta strada da percorrere.

Il 2015 è stato il secondo anno consecutivo in cui si è registrata la temperatura media annua globale più elevata in assoluto. Il fenomeno climatico El Niño ha provocato 32 casi di siccità che hanno colpito circa 50,2 milioni di persone, con centinaia di migliaia di morti nei paesi in cui ha provocato gravi carestie (Corno d’Africa) e migliaia di morti da “afa” in Europa, India e Pakistan. Secondo gli studi del Quarto rapporto IPCC sui Cambiamenti Climatici, interi sistemi regionali nel mondo stanno risentendo del cambio di clima: in particolare le zone montane, le aree costiere, come l’area mediterranea, e l’Artico (rapporto EEA 2008). In Italia le temperature medie annuali sono cresciute di 1,7° C negli ultimi 200 anni, con un picco negli ultimi 50 anni. L’aumento della temperatura in Europa al 2008, rispetto ai valori pre-industriali, è stato di circa 1,0°C per il sistema terra-oceano e 1,3°C sulla terraferma, maggiore quindi di quello globale. Secondo uno studio ISPRA del 2009 (“Gli indicatori del clima in Italia nel 2008”), dal 1981 al 2008 la temperatura media in Italia è aumentata di 1,0° C con particolari avanzamenti negli anni 2007 e 2008. All’aumento di temperatura media si è verificato un trend di riduzione delle precipitazioni nel lungo periodo.

In un recente report sul tema, il Wwf ha soprannominato l’effetto del clima su flora e fauna “Sesta estinzione di massa”: la mappa delle specie a rischio segnala animali come orsi polari, pinguini, panda, ma anche anfibi e uccelli, che stanno modificando le loro rotte migratorie. Un altro studio, “Species’ traits influenced their response to recent climate change” (lett. “I tratti delle specie hanno influenzato la loro risposta ai recenti cambiamenti climatici), pubblicato su Nature Climate Change da un team internazionale di ricercatori, è giunto alle stesse drammatiche conclusioni. A seguito di un’analisi di decine di studi sul tema, è stato confermato che circa 700 specie tra mammiferi e uccelli non stanno rispondendo positivamente ai recenti mutamenti del clima. Sulla stessa lunghezza d’onda sono le conclusioni del Global Mammal Assessment Program, ospitato dall’Università degli Studi la Sapienza.

Per quanto riguarda i flussi migratori, si assiste a fenomeni di migrazione umana in parte anche come effetto diretto e indiretto dei disastri scatenati dagli effetti climatici: secondo l’OIM (Organizzazione Internazionale delle Migrazioni) nel 2010 gli sfollati e i profughi ambientali sono stati 50 milioni e si stima che nel 2050 raggiungeranno i 250 milioni. Tale previsione catastrofica si basa sulle pubblicazioni accademiche del Professore di Oxford Norman Myers, ma è stata ripresa anche dal “Report Stern sugli effetti economici del cambiamento climatico” ed è stata menzionata dal presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Altri studi dell’ IDMC (Internal Displacement Monitoring Centre) stimano che tra il 2008 e il 2014 vi siano stati 157 milioni di persone costrette a spostarsi per cause metereologiche esterne come tempeste, alluvioni e terremoti.

Infine, un report di Unesco, Unep (Programma Onu per l’Ambiente) e Ucs (Union of Concerned Scientists) ha stimato a rischio 31 siti del patrimonio mondiale. Stonehenge, le isole Galapagos, le montagne di Altai in Russia, alcune delle statue dell’isola di Pasqua, Venezia, minacciata dall’innalzamento delle acque e dagli effetti del clima sull’habitat salmastro. Questi sono sono solo alcuni dei siti che senza un intervento tempestivo verranno persi o modificheranno le loro caratteristiche originarie.